martedì 10 maggio 2016

BENEDETTO MICHELANGELI


Vale la pena soffermarsi su  questo scritto di Fernanda Pivano. L'elaborazione è attenta per quanto riguarda le opere di un artista  straordinario Benedetto Michelangeli  che non va dimenticato! Per questo motivo riaccendo l'attenzione agli amici del  blog! La musica è un elemento prezioso soprattutto quando la si ascolta per dare valore alla tranquillità. Ci manca anche Fernanda.....ciao  Simo

 

 TRIBUTO AL MUSICISTA BENEDETTO MICHELANGELI

Mi sembra ieri che Alfred Cortot ha diramato la grande notizia: “E' nato un nuovo Liszt.”

Il nuovo Listz aveva diciannove anni, era bellissimo, aveva vinto il primo premio assoluto al concorso internazionale di Ginevra, aveva mani magiche che prendevano senza fatica la dodicesima, aveva occhi magici che parlavano più della voce, aveva la testa lassù in cima, come se fosse alto un chilometro, aveva cominciato a studiare musica a quattro anni, aveva preso il diploma di pianoforte a quattordici anni al Conservatorio di Milano, era andato in Inghilterra nel 1946, negli Stati Uniti nel 1948, a Varsavia nel 1949 per celebrare il centenario Chopiniano, aveva cominciato a insegnare per chiara fama a Bologna e a Venezia e a Bolzano, aveva cominciato a insegnare corsi di perfezionamento a Arezzo e a Siena, aveva cominciato a far studiare sul serio Lidia Carbonatto Palombi, aveva coinvolto Valletta e gli Agnelli in una scuola a Moncalieri, aveva coinvolto chiunque avesse un pianoforte “con la tastiera d'avorio che non gli rovinasse le mani con l'obbrobrio della plastica”.

Queste cose le raccontava ora, via via che succedevano, al suo factotum-confidente-difensore che poi le raccontava a me mentre io raccontavo a lui di quando voleva i pavimenti coperti di giornali che attutissero tutti i suoni, o lasciava venire tutti i giorni da lontano una signora alta come lui, bella come lui, musicale come lui, a leggere fasci di musiche scritte a mano, ore di gioia a “passarle”, io a volte fuori dalla porta chiusa a chiave ad ascoltare tenendo il fiato, dolcissime note, ciascuna con una sua vita segreta, con una passione sommessa, con un mistero svelato da dita complici per occhi complici per cuori complici, oh, i misteriosi segreti di quelle note cantate dall'anima della musica, dal musicista senza ritorno, chissà se le canti negli enormi spazi profumati dell'eternità.
Mi piace pensare che li suoni e li fai vivere per sempre, e loro fanno vivere per sempre te, la tua anima, i tuoi sogni: la tua segreta realtà. Una realtà senza parole, fatta di sguardi, di attese, di silenzi, le Polonesi suonate in piedi col pubblico in piedi sulle poltrone ad ascoltarle: i sorrisi candidi delle donne, i sorrisi ambigui delle ragazze, sempre sorrisi che rimbalzavano dalle sue mani, che rimbalzavano dai suoi occhi, che rimbalzavano dalla sua realtà.
La sua realtà era Listz, o forse era Chopin, o forse era Debussy, chi lo sa qual era la sua realtà, ciascuno aveva una sua realtà, una realtà di Arturo Benedetti Michelangeli, una realtà che scaturiva dagli occhi chiusi, che filtrava dal mistero dell'anima, che sgorgava dalle promesse del cuore.
Forse erano queste le sue realtà, irreali come i sogni della sua anima, come piogge di stelle, come ombre azzurre di nuvole: un artista così può vivere solo di sogni, può credere solo alla sua anima. Può ascoltare solo il canto dei colibrì.

Fernanda Pivano


 

 

lunedì 31 agosto 2015

BOLIVIA IN BICICLETTA alla scoperta di antichi popoli e poeti romantici (ESTATE 2015)





Y AMOR DULCE VENENO


Ay, amor! glorioso infierno
Y de infernales injurias,
León de celosas furias,
Disfrazado de cordero.

(by; Mariano Melgar)
 

L'aeroporto di La Paz - si chiama  El Alto  non ha caso è il più alto aeroporto al mondo!

Nella capitale boliviana  io, Thomas e Rebecca abbiamo aspettato l'arrivo di Roberta e Gianni partiti da Milano  Quando  finalmente anche Gianni e Roberta ci hanno raggiunto in hotel    il nostro gruppo era al completo. Siamo in tutto sei pazzi scatenati che hanno voluto visitare la Bolivia anche con la bicicletta. Ecco il nostro gruppo: Io,-Thomas,  Rebecca  e   Ignazio  (partiti dal Canada) - Roberta e Gianni (partiti da Milano).
La Paz  è una città a tratti modernissima situata sopra un grande altopiano a circa 3600 metri sopra il livello del mare.  Il nostro albergo  si trova  nel quartiere Calacoto  in Avenida Arce ed   un po' di  riposo è consigliato, prima di mettersi in movimento,  soprattutto per acclimatare il corpo alla  rarefazione dell'ossigeno che crea uno stato di malessere soprattutto se  non si è abituati a frequentare l'alta montagna.   Lo spettacolo che si vede dalla mia finestra è suggestivo praticamente tutta la città è circondata da imponenti montagne che fanno parte della Cordigliera Reale.   Quando guardi le montagne, intorno  a La Paz, ti sembra di stare  a bassa quota, in realtà si è a più di  3500 metri sopra il mare e, non a caso le montagne boliviane sono soprannominate il Tibet D'America.  L'inverno in Bolivia   presenta, in genere, un clima secco ed è quindi il più agevole per chi viene dall'Europa soprattutto.  Dopo un meritato riposo in albergo,  io e i miei compagni di viaggio abbiamo percorso la tipica via  cittadina  Calle Jaen,  ricca di negozietti e abitazioni coloniali e li abbiamo  sostato anche per una cena accompagnata dal tipico pane  marraqueta e la Kauka. All'indomani  abbiamo  proseguito la visita della città  in direzione del   Museo  Preciosos Precolombinos ricco di manufatti d'oro e  resti  archeologici  precolombiani. Strada facendo  ci siamo immersi  nel famoso mercato degli stregoni e delle  streghe  e proprio in questo luogo  Thomas  si  è  inebriato con mille scatti di fotografie.   Quante ne ha scattate gli ho domandato? Lui non ha risposto ma sicuramente più di un centinaio. Thomas praticamente è rimasto folgorato dalla bellezze delle donne  boliviane    agghindate con monili e cappellini tessuti  con fili di lana coloratissimi.  Un consiglio: attenzione alle streghe boliviane!  Potrebbero  offrirvi   intrugli  magici   e  allucinogeni. Se avete sete  consiglio di bere un mate de coca, oppure  un'altra bevanda tipica  di nome - api - ricavata dalla macinazione di  un particolare granoturco che vive in alta quota, si possono comunque trovare  anche  succhi di agrumi  venduti dagli ambulanti della zona che vivono grazie ai loro baracchini sparsi in tutta la città.  La notte è freddissima  a La Paz  ed è quindi consigliato l'uso di maglie pesanti....se  vi dimenticate i maglioni di lana non c'e' problema potete approfittare degli splendidi mercatini  che offrono  mantelline, cappellini ed anche maglioni di lana dai tipici colori giallo-rosso con ricami blu cobalto.  Un vero affare visto anche i costi bassissimi rispetto ai nostri europei.  

 
 
 
 
 
 
 
 
 (FOTO  - mercatino delle streghe La Paz)
 
Dopo una pausa cittadina a La Paz, durata  circa 3 giorni  io e i miei compagni abbiamo ripreso il viaggio verso l'Isola del sole sul lago Titicaca.  Prima  abbiamo visitato l'acropoli di  TIWANAKU  un luogo importante  per la storia del  Sud America.   A Tiwanaku sussistono   le testimonianze di una  popolazione vissuta in epoca precedente gli Incas. A tiwanaku  sorgono  i resti di edifici sacri  a forma di piramide  ancor prima  dell'antico periodo egiziano.   Vi sono inoltre monoliti e strutture di pietra gigantesche  che forse servivano da altare per fare  entrare  la luce solare sulla terra.  La piramide di  Akapana è la struttura dominate  ed alcuni archeologi sono  attualmente ancora al lavoro per cercare di portare alla luce altri reperti o  testimonianze di questo antico popolo.

Tiwanaku è anche denominata  "la città sotterranea"  perché   molte case  furono costruite  sotto terra, vivevano così riparati.  I resti di  questa civiltà - tra i  più antichi  della storia, si parla di circa 8000 anni a.c,   precede  gli Incas ed anche le piramidi dei  faraoni. Si tratta davvero di un'importante civiltà i cui segreti si collegano alla storia  della Bolivia e  di tutto il Sud America.
Dopo la visita a Tiwanaku, il viaggio prosegue  verso  Manco Kapac. In questo posto  si trovano altri resti archeologici   nei pressi del  villaggio di  Yampupata.   Ed eccoci  all'indomani    a  Copacabana! Qui finalmente  inizia il nostro viaggio sportivo. Il nostro gruppo si è munito di  biciclette  e si  procede   verso il lago  Titicaca.   Ignazio  l'amico  canadese  (di  origine boliviana)   ha inoltre prenotato il soggiorno a Copacabana,  presso un  albergo  comodo ed accogliente. L'albergo è  tipicamente arredato  in stile boliviano,  si chiama  Hotel Las Olas ed è dotato di  bungalow. Abbiamo sostato in due bungalow  con annesso giardino così ognuno di noi ha potuto parcheggiare la bicicletta accanto alla stanza.  Non distante dall'Hotel sorge  l'antica cattedrale di Copacabana,  affollata di turisti e  pellegrini. Molto bello il cortile moresco della cattedrale  ed il bellissimo altare che domina il centro della chiesa con la scultura della Virgen de la Candelaria, santa patrona di Copacabana .  L'itinerario  in bicicletta  procede  all'indomani per  oltre  15 Km di sterrato  si pedala vero  la penisola  Yampupata, con la vista sul lago Titicaca. Da li si  raggiunge l'Isola del Sol  ed  Il posto è magnifico. Davanti ai nostri occhi si vede  un luogo  circondato d'azzurro (il lago è talmente grande che sembra mare) inoltre non mancano i rilievi archeologici  che ci accompagnano sempre  in ogni tratto di terra.  
Sull'isola  del Sol siamo arrivati  tramite un piccolo traghetto.  La sosta notturna non è stata facile e per l'occasione,  tutto il nostro piccolo gruppo di ciclisti ha sostato  nel  villaggio di Yumani nella parte meridionale dell'isola. Siamo rientrati l'indomani a Copacabana in Hotel,  dal quale siamo ripartiti per raggiungere,  sempre in bicicletta la frontiera peruviana.  Abbiamo pedalato per altri 18 Km ammirando suggestivi paesaggi molti dei quali situati sul bordo del lago Titicaca. 
  

A  Puno abbiamo passato  un paio di giorni e poi abbiamo proseguito  il nostro percorso in bicicletta  vero un luogo  stupendo  e popolato dagli  Uros.   Abbiamo  visitato le loro piccole isole di   Amantani e Taquile.  Queste particolari isolotti  sono  galleggianti perché  sono composti con la Tora,  anche le loro barche sono fatte di questo materiale vegetale,  molto leggero ma resistente.  Perchè queste  isole galleggiano? Pare che furono costruite anticamente  dagli Uros per auto-difesa.  L'isola o villaggio era mobile così potevano spostarsi   nell'enorme lago,  al fine di proteggersi dagli  attacchi  degli invasori o tribù nemiche. Su queste isole è molto bello  sospendersi nel tempo. Ovviamente se si vuole andare sull'isolotto galleggiante su usano le imbarcazioni ma  senza bicicletta.

Quando abbiamo fatto ritorno a Puno in Perù,  abbiamo organizzato il nuovo itinerario in bicicletta in direzione di Ayaviri. Il viaggio è stato faticoso, causa il vento, e la nostra  pedalata - per così dire - è durata circa 15   ore per   80 km!   Abbiamo comunque  approfittato  di una sosta   presso l'abitazione di un conoscente di ignazio che ci ha  invitato a bere un  Pisco  (bevanda leggermente alcolica)  a casa sua. Il bicchierino di Pisco era  accompagnato da un budino al latte molto dolce.  Inoltre Ayoze, così si chiama l'amico di Ignazio che ci ha ospitato,  ci ha raccontato  la storia di Mariano Melgar Valdiviezo un patriota e  poeta romantico considerato  anche "capo stipite"  della  letteratura contemporanea peruviana.  Mariano Melgar,  agli inizi dell'Ottocento ha lasciato l'abito talare per dedicarsi alla rivoluzione degli   indios  tormentati  da un esasperato colonialismo, Mariano Melgar  era anche un estimatore e traduttore delle opere di Ovidio e Virgilio.  Anche  Ayoze conosce i letterati latini e nella piccola casa dei suoi familiari, in cui vive per qualche mese l'anno per via del lavoro che svolge prevalentemente in Messico,  conserva ancora nella sua piccola stanza uno scaffale  di legno e calce bianca sul quale sono riposti molti libri e tra essi mi ha mostrato   La Tregua di  Primo Levi e L'Eneide  di Publio Virgilio Marone.   Nella casa di Ayoze abbiamo anche notato un portico circondato  da alcuni alberi fioriti e,  poco lontani i Lama pascolavano tranquillamente  accanto ad un gruppo di bambini che giocavano con corde e  palline variopinte.   Ayaviri  è un paese caratterizzato da una grande cattedrale che abbiamo visitato velocemente perché la stessa sera avevamo un incontro con Federico, un  italiano che si trovava e si trova tutt'ora in Perù per  dare una mano ad un'Associazione umanitaria internazionale che fa riferimento ad un progetto di riqualificazione di alcune aree agricole peruviane. Abbiamo quindi trascorso la serata con Federico ed altri suoi compagni - in tutto eravamo 18 persone - che venivano da Milano, Cesena, Pisa.   

Di ritorno da Ayaviri, fino a  Puno  (questa volta utilizzando la Gip sulla quale abbiamo messo a riposo le nostre biciclette!) in albergo abbiamo fatto i bagagli  per  ritornare a  La Paz - percorso sempre in Gip!   Nella capitale boliviana  Io, Rebecca ed il mio collega Thomas, Gianni e Roberta, la mattina seguente abbiamo salutato la capitale boliviana  e ci siamo recati all'aeroporto ...fine della vacanza!  invece   Ignazio si è fermato a  La Paz  per  sostare,  ancora   un paio di settimane, a casa dei suoi parenti che non vedeva da diversi anni.
Tutto sommato è stato un viaggio estremamente piacevole e interessante, la Bolivia (definita anche Alto Perù)  non è soltanto una terra agricola ma nasconde ricchezze di grande valore artistico oltre che archeologico. Il Titicaca è un immenso mare. La compagnia inoltre era graditissima e ben predisposta all'avventura.  Ringrazio soprattutto  Ignazio  che ci ha fatto da guida mettendoci a disposizione le biciclette ed anche la  Gip di supporto che lui gentilmente  ha guidato per sostenere le nostre fatiche ciclistiche! 
Esistono comunque tra la Bolivia ed il Perù ottimi collegamenti anche con i taxi che costano relativamente poco. Chi volesse  intraprendere un viaggio in Bolivia, con l'uso di biciclette consiglio vivamente di tenere  in seria considerazione l'altitudine.  Le strade sono spesso sterrate e presentano dislivelli notevoli.  Consiglio una buona preparazione fisica anche per un percorso relativamente breve, come il nostro che in tutto ha contato si e no - 100 km.   Occorre anche fare  attenzione  alla  temperatura  che passa  dai meno 5  ai più 25 gradi C.  Consiglio inoltre di affrontare il viaggio d'inverno che equivale  all'estate in Europa.

Il mio viaggio è durato  circa 14 giorni -  Ciao a tutti!!!




Simo Strada.

lunedì 7 luglio 2014

Seattle - Washington - in bici tra boschi e musica "grunge"


Seattle -  capitale dello stato di  Washington  - è un luogo particolarissimo tra monti e mari e costruzioni tecnologiche che sembrano quasi fantascientifiche.  La città che si affaccia sull'oceano si trova anche a circa 150 Kilometri dal Canada. Ho soggiornato  a Seattle,   precisamente  nel modernissimo  quartiere  Grow Community.   Nel quartiere  ci si trova quasi in campagna ed è bello  gironzolare in bicicletta.   L'attività fisica sopratutto con le due  ruote è molto praticata   anche negli isolati   tecnologici ma a bassissimo consumo ambientale. infatti proprio in questo quartiere le casette tipiche  sono dotate di  pannelli radianti e ventilatori  utilizzati anche per il recupero del calore....non è una novità, si ricicla anche l'energia che si consuma in eccesso. 
Tornando alle due ruote, gli appassionati di bicicletta possono trovare, da queste parti, motivazioni incredibili anche per vivere all'aria aperta.  Dipende ovviamente dal tipo di percorso che si vuole intrattenere, di certo, qui a Seattle,  non mancano itinerari e percorsi. Soprattutto  nei parchi  le aree verdi,  presentano panorami incantevoli tra laghi e  torrenti,  boschi  puliti e ben conservati anche per le aree di sosta. 
Come  d'abitudine  mi piace organizzare questi viaggi  includendo  soprattutto l'uso della bicicletta che si può noleggiare a prezzi davvero vantaggiosi.  Anche l'uso della bicicletta, va comunque fatto contando il tempo e la preparazione atletica di ogni componente del gruppo. Nel nostro specifico caso, eravamo in 5 con un buon livello di preparazione atletica ma....aimè, abbiamo praticato soltanto  4 giorni,  limitandoci quindi alla sola zona del Lake Shore.  Le linee guida di base,   hanno scelto questo percorso;   si può dire un classico  percorso da fare a Seattle,  di circa  45 Km.  Un viaggio che non prevede particolari difficoltà, si  delinea  lungo  la tratta di una stazione in disuso sul corridoio ferroviario  Eastern Railway (Lake Shore)  la  Burke Gilman Sammamish Trail è  un percorso  ciclabile  adatto anche ai  ragazzi ed è  interessante  anche per gli amanti della fotografia.  Lungo il tratto infatti si possono ammirare paesaggi particolari che s'incontrano   lungo il canale navigabile  di  Lake Washington fino al sentiero  che conduce a Marymoor park- sul lago Sammamish.  Alcuni ciclisti proseguono fino a  Kenmore.   Chi pensa che gli americani non abbiano il gusto delle bicicletta si sbaglia!  Nella grande metropoli di Seattle non è così, anzi  va detto che  l'uso della bicicletta è incentivato grazie anche alle cartine ciclabili,   a disposizione  dei turisti in quasi ogni albergo o centri  d'informazione  che si trovano anche all'uscita dell'aeroporto.    Sulle cartine ciclabili, ci sono facili indicazioni  per eventuali bivacchi all'aperto (camping)  o per  soggiornare in centri di accoglienza alternativi agli hotel e frequentati soprattutto dai ciclisti.    E' bello viaggiare in bicicletta, in direzione dei parchi,  osservando in lontananza le splendide vette   dell'Olympics!    Soprattutto nella zona di King Country,   c'e' un parco famosissimo, il   Marymoor Park,  all'estremità nord del lago Sammamish.  Il parco offre una varietà  di svaghi  organizzati per le attività  sportive.  Oltre al ciclismo si può praticare, vela, tennis, alpinismo.  Lungo questo particolarissimo percorso è consigliata  una visita quasi da museo. Infatti li si trova la storica casa  " Willowmoor" di Marymoor Park.    La residenza era il luogo privilegiato di un noto banchiere di Siattle, James Clise, che nei primi anni del Novecento  fece costruire,  una residenza-agricola circondata da alberi.   Anno dopo anno, il signor Clise mise insieme un'area vastissima con animali, e splendide varietà di fiori e piante anche acquatiche.  Si può visitare anche un pittoresco mulino a vento oggetto di sfogo di molti fotografi. Anche il nostro fotografo - in bici - non ha perso l'occasione per scattare qualche fotogramma in ricordo di questo posto fiabesco.  Ma la parte più bella è senz'altro quella che mette in circolo le due ruote!

sul ponticello verso Willowmoor - foto R.Riva
 
Dalle suggestive  vallate verdi-blu  si passa poi all'atmosfera  grunge! Il  passaggio  è veramente vario e molto giovane.  L'ultima settimana l'abbiamo trascorsa nella city.  Alla scoperta di una città estesa dai monti al mare e famosissima soprattutto per il  museo del rock,  l'EMP  a Pike Street.   Quando si parla di museo è spontaneo pensare ad un luogo che contiene vecchie cose o cimeli artistici, opere d'arte immobili. In questo specifico caso,  l'EMP è un centro di studio innovativo   che in parte  contiene oggetti ed in parte vive nella quotidianità l'attività artistica  e molto attiva  anche per  gli studenti che provengono da ogni parte del mondo.   Attualmente i turisti  si recano all'EMP  allo scopo di ammirare la costruzione, davvero particolare,  che accoglie la storia  "grunge"  a partire da Jimmi Hendrix   fino ad arrivare alle mitiche band degli anni Ottanta tra cui i Melvins e   Love Bone, oltre ai   Nirvana  (per citarne alcuni). 
L EMP - Experience Music Project - (include anche un'area dedicata alla storia dei film fantascientifici )  è   un progetto originale,  nato dalla  creatività  dell'architetto  Frank Gehry. Si trova  nel centro di  Siattle. Il linguaggio preferito è quello della musica rock  che ha fatto storia anche attraversando i  locali  famosi  e nei quali si sono esibiti  gruppi ed artisti  di fama internazionale, uno  tra essi  è sicuramente  il mitico  Crocodile Café   luogo  frequentatissimo ed affollatissimo anche ai giorni nostri.   Nel locale  è possibile  notare,  alcune  fotografie  in cui si riconosce la  band   dei R.E.M ed il mitico Michael Stipe. 

 
l'E,M.P. - particolare, foto R.Riva
 
Altri locali si susseguono, lungo le vie centrali della città.  Da non sottovalutare anche l'area cittadina più ecologica - quella del quartiere che ci ha ospitato - il  Grow. Il quartiere ospita molte famiglie e ragazzi che si dedicano alla cura dell'orto  e, preferiscono  spostarsi, da una parte e l'altra della città muniti di  pedali e biciclette!  Sembra quasi di tornare indietro negli anni se non fosse per l'uso di una tecnologia che si fa sempre più a misura d'uomo e dell'ambiente.  

nel quartiere ..musica e verdura! foto di R.Riva
 
buone vacanze...Simo
 
 

sabato 29 marzo 2014

IL MANUALE FANTASTICO DI BORGES A ROMA (dal 14 giugno 2014) PLANET ARTGALLERY

Planet ArtGallery di Angelo Cristaldi  /nuovo spazio espositivo - .
 
Roma aprirà  il 14 giugno 2014 / le pagine del capolavoro di Jorge Luis Borges, il Manuale di zoologia fantastica. Da un'idea di Giuseppina Frassino, direttrice della Galleria Tricromia, l'esposizione metterà in scena circa una trentina di opere originali create da Maurizio Quarello, rese tridimensionali dalla capacità dell'architetto pop-up Luigia Giovannangelo.
Jorge Luis Borges, nel prologo al "Manuale di zoologia fantastica" scrive: "Un bambino, lo portano per la prima volta al giardino zoologico.  Questo bambino sarà chiunque di noi o, inversamente, noi siamo stati questo bambino e ce ne siamo dimenticati. Nel giardino, in quel terribile giardino, il bambino vede animali viventi che mai aveva visto: vede giaguari, avvoltoi, bisonti, e più strano ancora, giraffe". La fantasia del bambino è la parte fluida di ogni artista. Un bambino che diventa, nel tempo, opera della sua stessa fantasia creativa ed ogni cosa, che popola il mondo, non è altro che l'oggetto di tale invenzione anche se rivestita da una coltre di razionalità.
 
Chiuderà la mostra la conferenza del prof. Livio Sossi, docente di storia e letteratura per l'infanzia all'Università degli Studi di Udine e all'Università del Litorale a Capodistria, e massimo esperto di letteratura illustrata.
 
 
 
Borges ha la capacità di saper presentare nei suoi racconti realtà diverse da quelle esistenti e di portare il lettore in una dimensione del dubbio, di fargli dubitare a quale realtà appartenga veramente. D'altra parte, lo stesso Borges, parlando della figura del Drago, ci dice: "C'è qualcosa, nella sua immagine, che s'accorda con l'immaginazione degli uomini; e così esso sorge in epoche e latitudini diverse". Nel Manuale di Zoologia fantastica (scritto da J.L. BORGES e dalla sua assistente M. GUERRERO) si profila un excursus fantasioso esaminando quasi con discrezione un certo numero di "esemplari" incontrati durante le numerose ed eclettiche letture dell'autore: Omero, Erodoto, Plinio, il Talmud, le Mille e Una Notte e la Bibbia, Il Milione. La mostra che si apre a Roma nel nuovo salone Planet Art Gallery grazie al labirintico lavoro di Quarello ci propone un miraggio incandescente di immagini che si cimentano con il fascino di Borges e le sue creature fantastiche e dottissime!

Simo Strada

venerdì 14 marzo 2014

Miriam Binda Luigia e Gladys Sica - la metafora del viaggio




La metafora del "viaggio" nella poetica di Gladys Sica e Miriam Luigia Binda


Riky Riva



E' sempre difficile mettere a confronto degli autori soprattutto se si tratta, come in questo specifico caso, di autrici con una spiccata personalità e che si esprimono entrambe, attraverso un linguaggio in cui prevale un'individuazione costante della cifra poetica intesa anche come elaborata trasformazione del sintagma emotivo immerso tra i chiari e scuri della parola poetica, quinti intima, inconscia. 

Gladys Sica e Miriam Luigia Binda sono entrambe poetesse, poco avvezze alla mondanità, diventa difficile anche per me, incontrarle in un unico evento. Per cui colgo l'occasione per incrociarle e per descrivere la loro vicinanza. Questo mio modestissimo confronto costituisce perciò un dittico che non ha rivalità poiché ricerca la quiescente liberalità del verso poetico che non vuole assolutamente fissarsi in alcun giudizio rigidamente estetico, letterario, secondo me, anticulturale. Con questo scritto, cerco di esprimermi  attraverso l'uso di qualche mia piccola parola, un segno amicale, un contatto che mette ancora in circolo le letture che restano vicine  alla mia formazione e crescita individuale. Come ho già spiegato, la poesia per quanto mi riguarda è essenziale per comprendere molte cose della vita. Si dice che la poesia non è popolare invece ogni attimo che ha davvero popolarità entra in circolo con la  poetica del mondo. La poesia costituisce anche un filo conduttore che mi riporta alle letture classiche e  sono sempre presenti nella memoria, fin da quando ero una giovane studentessa, amavo tuffarmi tra i cuscini della mia stanza a leggere qualche storia scritta da Italo Calvino, oppure mi piacevano i racconti di Borges, André Gide e molti altri autori che ho apprezzato e conosciuto soprattutto ai tempi del Liceo.  Anche se gli anni passano, le belle letture non perdono mai lo smalto e rimangono lucide lettere nella  memoria. Molti libri che ho letto, anche raccolte poetiche esprimono l'esistenza con la metafora del viaggio. Con questa mia breve presentazione voglio quindi cogliere questa bella metafora del "viaggio-vita-verità" prendendo come rifermento queste due autrici. Si tratta di una "ricerca" o "viaggio" interiore che mi accompagna nell'arcano mondo, sconosciuto ed  intimo che ritrova comunque la sua pacificazione nel  presente, "nell'odore e nelle domeniche che non esistono più..." come in questa bellissima poesia - di Gladys Sica:


Cerco (autrice: Gladys Sica)

Cerco l’odore conosciuto e amato
delle domeniche nella mia casa della mia città.
Cerco
e trovo un odore sconosciuto
di domeniche che non esistono…
Mentre parliamo eccitati,
la piaga nascosta s’apre
e anche mentre taci
vedo che s’apre la piaga.
Cerco e trovo altri ricordi,
non quelli.
Cerco
e trovo un odore sconosciuto
di giorni futuri che non esistono
nella tua casa della mia città,
nella mia città senza casa.



Se davvero l'arte è un'utopia, bisogna anche ricordare che l’utopia non mantiene legami con la storia reale. Il luogo della realizzazione utopica è lontanissimo, ignorato fino al momento della sua scoperta; gli utopisti infatti utilizzano spesso il racconto di un viaggio avventuroso per terre inesplorate, affinché il lungo percorso che è stato necessario affrontare per arrivarci permetta al protagonista di lasciarsi alle spalle tutta l’esperienza sociale e culturale del proprio mondo. Eppure in queste due artiste, Gladys Sica e Miriam Luigia Binda, il viaggio  trasmette un trascorso del tempo "fluidificato" nell'oceano della memoria sociale e collettiva.

L'utopia diventa così "piaga nascosta”, tra “odori sconosciuti di giorni futuri che non esistono”, tra case e città colorate da tinte più o meno fosche, sul percorso che emerge sulle bocche del vulcano o sulla testa di un re celeste, come richiesta di un amore   ed il bisogno di rimanere in  solitudine. Nella  bella poesia di Miriam Luigia Binda dal titolo "Sabbia e fango" il viaggio mantiene  saldo questo intimo carattere del tempo che si riconosce  nella storia del mondo.  Il tempo non ha dunque perso il lato umano  visibile attraverso i passi della civiltà.
Una poesia  che  lascia  il segno  nella  propaggine di un sentiero impervio ma talvolta   illuminato dai colori e dall'armonia  di un canto che si avvicina alla meta. . Ma di quale meta si sta parlando? Ci è dato solo intuirla. Nella sabbia, come nel fango, si trovano,  i segni di una ricerca, di un percorso che attraversa il mondo. In alcuni tratti, ci riporta anche nei luoghi  conosciuti come meta di pellegrinaggio quali  Santiago di Compostela, soprattutto con queste parole " l’incenso infine, oscilla e diventa custode di preghiere perpetue come viandanti in viaggio, arrivano stanchi con le scarpe sporche di fango".

Ecco il testo completo della poesia di Miriam Binda: 


Sabbia e Fango (autrice. Miriam L.Binda)
ritorna in ogni passo….

La sabbia e’ sottile
scorre veloce nell’ immenso oceano di dune
con nubi di fuochi spirati da onde
in un cielo cobalto sfumato di viola e d’arancio.
Il deserto sommerge ogni cosa
emerge talvolta con bocche di vulcano
sono piccole oasi come anelli preziosi
spiccano luminosi sulle dita del Tropico del Cancro
popolato da more creature.
Le donne sono avvolte in teli dipinti, d’alfabeti geometrici
conosciuti e parlati dalle nobili tribù.
I bambini dormono in cesti intrecciati dai fili di juta
scheletriche madri, con labbra carnose, li portano in spalla.
Suoni d’orecchini, bracciali e cavigliere d’ottone
vibrano al passaggio di ogni passo cadenzato dai tamburi
la sabbia si unisce ai corpi come una danza
che muta e trasforma la forma d’ogni impronta
passata sotto il sole.

Il fango e’ denso
fermenta nell’umida terra bagnata di pioggia e neve
caduta da un cielo plumbeo immobile
come corona d’argento sulla testa di un re celeste.
Il fango, al contrario di mobili sabbie, non muta
la forma dell’orma, che passa.
Sulla strada i pellegrini, viaggiano nel fango.
Hanno sulle spalle un mantello ed un bastone
portano nello zaino una conchiglia bianca.
Nei boschi, lacrimano i pini con gocce di resine
cadute su rugose cortecce odorose di muffe
dense come il fango sulle rive di campi d’orzo.
Passi silenziosi, nei boschi non battono tamburi
ma tra le pieghe del vento suoni di cornamuse
s’uniscono imperiture allo sciacquio delle onde.
L’incenso infine, oscilla e diventa custode
di preghiere perpetue come viandanti in viaggio
arrivano stanchi con le scarpe sporche di fango.


La sabbia e’ veloce
ha colori d’avorio
nere mosche 
e rossi tramonti 
scorre tra secche piaghe
caldo sangue
e passioni vibranti.
Corpi scarni
morenti di sete e di fame
visibili all’occhio esterno
chiunque nei secoli
li ha visti patire.


Il fango e’ lento 
ha colori salmastri
di rane verdi 
e pallide lune
denso tra umide piaghe
vertigini fredde 
e mistico sudore.
Anime timide
morenti d’inquieto vivere 
visibili all’occhio esterno
nessuno nei secoli
le ha viste patire.

Ritorna in ogni passo
sabbia e fango
cadenze che mutano
la nostra storia

in viaggio…...




Nell'opera di Miriam Luigia Binda come in quella di Gladys Sica è sempre presente una musicalità pervasa da una velata saudade, uno stato dell’animo che si potrebbe tradurre con “nostalgia”. La nostalgia è un sentimento rivolto al passato ma la saudade è un sentimento a cavallo fra passato e futuro, comprende la speranza di ciò che verrà. E qualcosa di positivo....che mi tocca e mi rimanda sul sentiero della conoscenza e mi apre alla terra, al contatto con  la  sabbia, il  fango e tutte le storie che si  incontrano anche attraverso la bellezza e la libertà di  qualche buona lettura.
 
Simona Strada




mercoledì 29 gennaio 2014

POSADAS SI PREPARA AL CARNEVALE 2014


Il Comune di Posadas , in collaborazione con  il Ministero della Cultura e del Turismo Argentino, sta ultimando tutti i dettagli per la nuova edizione  2014 del Carnevale nella capitale che avrà inizio il 7 febbraio .
 
Quest'anno , il regolamento introduce alcune modifiche:
 
1)  la divisione in categorie

2)  numero dei componenti  delle varie scuole di  ballo presenti. . .
 
 (Posadas-carnevale 2012/ Roby con Almo nella foto a destra)
 
Il carnevale è infatti noto per  l'impegno delle varie  scuole di danza con le gare che si terranno a gruppi  con l'esordio finale dei vincitori per il  Carnevale 2014,  si terrà nei giorni:  21 e 22 febbraio a San Ignacio.

 Il carnevale anche per divertimento, con le maschere e l'allegria della gente  avrà luogo  nelle date di inizio mese. 
7 e 8 febbraio nel quartiere Yohasá/ 14, 15 e 16 la finale Itaembé Posadena Mini.

Posadas è collegata ad Encarnación, in Paraguay, dal Ponte San Roque González de Santa Cruz.  Il porto, un tempo di grande importanza economica, è ora utilizzato per lo più da imbarcazioni sportive o per il trasporto di passeggeri, e battelli. La città è servita dall'aeroporto General José de San Martín, a 7 km dal centro, con voli regolari su Buenos Aires.

L'entrata del museo
 
Per un appassionato di fotografia come Gianni Fonetti  e  Ricki non potevano mancare occasioni come queste! Vedere un museo che ha dedicato un grande spazio alla fotografia degli artisti locali.
Impossibile fare il nome di qualcuno, sono davvero tantissimi, personalmente ho contato  più di 20 talentuosi fotografi.  La cosa bella è che permettono di vedere tanti luoghi  con la vita vera di questo posto ancora autentico e non invaso da turisti. 
 
ciao Simo

mercoledì 28 agosto 2013

Fort Osage: tra archeologia e musica indiana


 

    (17 agosto 2013)

Fort  Osage,  nel passato  fu un avamposto di guerra costruito in  Louisiana.  sul fiume Missuri all'inizio dell'Ottocento.  Il luogo fu avvistato dal comandante Clark che scrisse nel suo diario, in data 23 giugno del 1804 di aver notato un territorio nuovo e  adatto  per controllare gli spostamenti sul fiume Missuri.  All'interno del forte è possibile osservare i reperti rimasti a testimoniare la storia di questo Forte che appartiene agli Stati Uniti d'America. Tanti ancora oggi si chiedono ma perché si chiamano Stati Uniti d'America? Non è facile rispondere perché in effetti è come se si costituissero due storie - la prima che appartiene ai nativi fino alla scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo e la seconda storia, più recente che appartiene invece alla Nazione americana così come la conosciamo oggi con il nome "Stati Uniti" .
Gli Stati Uniti d'America  dichiararono l'indipendenza dalla madrepatria inglese nel 1776 ed elessero come primo presidente George Washington costituivano in realtà una parte infinitesimale dell'attuale territorio americano.  Originariamente erano 13 colonie, comprendenti 13 stati precedentemente sotto il dominio di Sua Maestà Britannica Giorgio II . Tutti piccoli stati della East Coast, grossomodo comprendenti il New England e gli stati della Middle Atlantic Coast.  Alla fine del '700 grandi stati come il Texas  (entrerà a far parte degli Stati Uniti dopo la famosa battaglia di Fort Alamo) e la California, facevano ancora parte dell'Impero spagnolo ed erano governati per mezzo di un Viceré. Assieme al Messico, costituivano la Nuova Spagna,  un territorio davvero ampio.

Molti stati meridionali, come Louisiana, Mississippi, Alabama e Ohio erano sotto il re di Francia, come pure buona parte del Canada. Alcuni degli attuali stati dell'America erano invece inesplorati e non appartenevano a nessuna potenza europea (pensa all'Idaho, al Montana, allo Utah o all'Oregon).

L'incorporazione di tutti e 50 gli stati che compongono l'attuale Confederazione degli Stati Uniti d'America fu un  processo lunghissimo durato fino alla seconda metà del Novecento. Basti pensare  allo stato delle Hawaii e dell'Alaska, entrambi  entrarono a far parte degli Stati Uniti,   nel 1950.  

Il Primo Presidente Giorge Washington dopo la guerra d'Indipendenza dalla colonizzazione inglese  riuscì grazie anche all'aiuto delle truppe francesi ad incorporare le 13 colonie e con il trattato di Parigi del 1783 la Corona inglese pose fine alla guerra d'indipendenza. Tra il 1806 e il 1809  fu eletto il secondo presidente degli Stati Uniti d'America Thomas  Jefferson che   decretò una serie di misure per evitare lo scambio commerciale con i paesi europei (Non-Importation Act, Embargo Act, Non-Intercourse Act), allo scopo di protestare contro le violazioni dei diritti commerciali dei paesi neutrali, compiute da Francia e Inghilterra nel corso delle guerre napoleoniche. Dopo Jefferson succedette  Madison  James  al centro di un nuovo conflitto con la  Gran Bretagna (la guerra anglo-americana iniziata il 18 giugno 1912 e conclusa l' 8 gennaio 1815 con la battaglia di New Orleans)   che, fruttò, agli americani, il Canada, rimasto leale alla Corona inglese. Da quell’esperienza uscì rafforzato il sentimento nazionale degli americani, ormai persuasi che il loro futuro dovesse svincolarsi del tutto dalle vicende europee. Nella prima metà del XIX secolo il territorio federale si accrebbe con l’ingresso nell’Unione degli stati della Louisiana (1812), dell’Indiana (1816), dell’Illinois (1818), dell’Alabama (1819) e della Florida (1819). Nel 1936 entrò a far parte dell’Unione il Texas, staccatosi dal Messico; nel 1846 il territorio del Nord-Ovest, che gli Stati Uniti ottennero in seguito a un trattato con la Gran Bretagna, e del vasto Sud-Ovest, ottenuto con la guerra contro il Messico.

A metà Ottocento il confine occidentale era giunto al Pacifico e si contavano più di trenta stati aderenti all’Unione.  Gli americani furono tra i primi a produrre, utilizzando la tecnologia del vapore e degli altiforni, i battelli a propulsione meccanica e le locomotive. Si lanciarono quindi nella corsa alla costruzione di strade ferrate in modo così intenso che la rete ferroviaria americana nel 1860 risultava la più estesa al mondo. Il nuovo mezzo di trasporto accompagnò e sostenne lo sviluppo economico, fornendo l’intelaiatura infrastrutturale senza la quale non sarebbe stato possibile organizzare uno spazio di quelle dimensioni. La rapidità di tale sviluppo risultò più accentuata nel settore industriale, nel quale a metà secolo gli Stati Uniti si collocavano al quarto posto nella graduatoria mondiale. La scoperta dell’oro in California nel 1849 spinse migliaia di persone a dirigersi all’Ovest e a popolare le coste del Pacifico. Fu questo il contesto in cui nacque il "Far West" di carattere contadino, ma ben presto personificata da allevatori di bestiame, artigiani, commercianti, banchieri, costruttori di ferrovie, giunti in massa al richiamo delle grandi potenzialità affaristiche offerte dall’Ovest. A farne le spese furono le popolazioni indigene, che vennero letteralmente sterminate!

Fort  Osage nacque nel periodo della guerra anglo-americana(1812-1815)  come avamposto di difesa contro gli inglesi. Non fu luogo militare, chiuso in se stesso, fu anche al centro di commerci e scambi con gli indiani del luogo.  Fort Osage fu comunque abbandonato nel   1827 e solo più tardi negli anni 50,  iniziò  una fase di restauro.  Le opere di ricostruzione e di recupero  durarono circa dieci anni e nel 1961 fu inaugurato al pubblico come monumento storico nazionale.  Per le sue particolari caratteristiche storiche  e per i luoghi di interesse che ricostruiscono  la  vita dei nativi-indiani, si può considerare  Fort Osage un luogo  archeologico da visitare con calma per apprendere  le molteplici sfumature che offre il territorio fatto di laghi, montagne e fiumi.

Quest'anno in data  17 agosto, grazie anche alla collaborazione di Carola Smith, Edward Marcello, Miriam Binda, Gianna  Pavesi, Enrico Achilli   ho partecipato  all'incontro di studio archeologico   a Fort Osage -.  Inoltre, ci tengo a sottolineare che   Il National Park Service  ingloba  Fort Osage come un sito importantissimo  anche per il  percorso storico    di Santa Fè, Lewis e quello di   Clark  (vedi foto).

 

A Fort  Osage , durante l'incontro di studio, i miei gusti hanno subito incontrato  il contatto musicale con i ritmi indiani  (American Indian Music) autentica musica  cerimoniale e sociale con i canti  maschili e femminili accompagnati da vari tamburi e strumenti con sonagli. Le donne Indiane esprimono aggraziata agilità, pur seguendo il veloce ritmo scandito dal battito del tamburo. La suggestiva atmosfera creata dall’aleggiare dei loro variopinti scialli rievoca immagini della natura, alberi, fiori. La circolarità rappresenta l’idea della vita come ciclo infinito. Su ognuno dei cerchi si distinguono disegni di colore rosso che simboleggiano  le tappe fondamentali dell’esistenza: nascita, gioventù, maturità e morte.

Carola Smith, essendo  una bravissima musicista ha fornito molte altre indicazioni che meriterebbero ulteriori approfondimenti anche per i prossimi appuntamenti artistici che si terranno ad ottobre alla Festa della città del  Missouri   a Flemink Park.  (38th Annual Missouri Town 1855 Fall Festival of Arts, Crafts and Music) da tenere in considerazione anche per gli anni sucessivi.

Simona Strada